di Marco Zavagli
“Cerchiamo di essere realisti. Non lasciamoci trarre in
inganno... dalla realtà!”. Nemmeno Gaber quando cantava “Salviamo ‘sto
paese” era stato capace di una provocazione del genere. Oggi Benny
Calasanzio, giornalista 23enne affacciatosi suo malgrado alla notorietà
dopo le accuse all’allora presidente della Sicilia Totò Cuffaro,
impegnato nella lotta alla mafia, fa di meglio.
Il suo è un appello per salvare la vita di un testimone di giustizia. Ma l’appello non è rivolto allo Stato, bensì alla 'ndrangheta.
Calasanzio denuncia il fatto che Pino Masciari, testimone
di giustizia, è stato lasciato senza scorta dall’attuale governo. Ed
allora il giornalista prende carta e penna e scrive agli “egregi membri
della ’ndrangheta”.
“Mi appello a voi – si legge nella missiva che sta facendo
il giro dei blog italiani -, alle vostre 155 ’ndrine, ai vostri
capo-famiglia per cercare giustizia. Mi appello a voi per chiedervi di
salvare l’imprenditore calabrese Pino Masciari, testimone di giustizia
che tanti guai vi ha causato denunciando i vostri uomini e gli uomini
dello Stato che con voi erano collusi. Sono passati tanti anni, e
quello Stato che aveva convinto Pino a schierarsi contro di voi, a
denunciarvi, oggi lo ha abbandonato. Ha abusato di lui, lo ha
violentato, nel corpo e nella psiche, lo ha espropriato delle sue
ricchezze e ora lo ha buttato. Se Pino non vi avesse dichiarato guerra
oggi sarebbe uno tra i più ricchi imprenditori d’Italia, avrebbe una
vita alla Briatore, e magari sarebbe dirigente di Confindustria”.
L’autore punta il dito contro chi, secondo lui, sarebbe
responsabile di aver negato la scorta a Masciari, e chiama in causa
Alfredo Mantovano. Ma decide di non rivolgersi al Presidente della
repubblica o al premier: “Non scrivo loro perché non ho più un briciolo
di fiducia in uno Stato totalmente indegno che si è sempre sporcato le
mani del sangue dei suoi uomini migliori, da Emanuele Notarbartolo a
Domenico Noviello. Scrivo a voi, sì. Agli ’ndranghetisti, ai mafiosi,
ai killer e agli assassini. Scrivo a uomini senza remore, senza
scrupoli. Perché oggi solo voi potete cambiare il corso delle cose”.
Ecco allora l’appello che propria dalla sua assurdità trae
il sentimento tragico di abbandono e totale sfiducia nelle istituzioni:
“Io chiedo la grazia per Pino Masciari, vi chiedo di salvarlo, di non
uccidere lui e la sua famiglia. Vi prego, vi supplico di cancellare la
fatwa che pende sulla sua testa. Chiedo a voi, “uomini d’onore”, di
lasciare che quei bambini crescano con un padre tranquillo, e non
timoroso di essere ucciso da un giorno all’altro. Chiedo che Pino venga
lasciato libero di vivere. Siate superiori allo Stato italiano. Capisco
che per voi l’occasione per vendicarvi è ghiotta: ve lo hanno
consegnato su un piatto d’argento, pronto per essere colpito senza
complicazioni, per chiudere i conti. Ma voi oggi avete la possibilità
di salvarlo, di dimenticare. Perché oggi è questa l’unica speranza.
Bisogna sperare nella mafia, nella ’ndrangheta. Fidarsi di questo Stato
è un suicidio, farsi assistere dallo Stato è un eutanasia. Vi prego di
accogliere questo appello e di lasciarci una speranza di futuro che in
questa italietta indegna si chiama Pino Masciari”.
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