criminalità organizzata – Pagina 172 – Blog degli Amici di Pino Masciari

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Pino Masciari in ricordo di Rita Atria Comments

Pino Masciari in ricordo di Rita Atria

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(fonte immagine www.ritaatria.it)


Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici,
la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
” (RITA ATRIA)


In occasione del prossimo anniversario della tragica morte di Rita Atria,

esprimo un particolare pensiero di stima e reverenza per una persona degna di grande rispetto, Rita per l’appunto, che ha iniziato un percorso importante, improntato alla ricerca di ciò che è giusto e ha richiamato gli altri alla forza della coscienza e alla ricerca della verità.

Grazie Rita, perché la tua scelta oggi fortifica la mia scelta, perché sei morta per dare vita agli altri che come te cercano disperatamente qualcosa di bello.

Grazie Piera (Aiello) e grazie Nadia (Furnari), perché nella memoria di Rita e nella consapevolezza della sua grande sofferenza, siete state le prime a tendermi la mano, a darmi coraggio, a togliermi dal baratro della disperazione, quello stesso baratro che ha sopraffatto un animo nobile e una vita innocente.

Pino Masciari e famiglia

14 luglio 2007

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La risposta di Pino agli amici di Beppe Grillo di Catanzaro Comments

La risposta di Pino agli amici di Beppe Grillo di Catanzaro

Gli amici di Beppe GrilloGli amici di Beppe Grillo di Catanzaro

Carissimi amici del meetup di Catanzaro,

non potete immaginare la gioia che ho provato nel leggere la vostra lettera: un raggio di sole proveniente dalla Calabria ha rafforzato in me l’orgoglio di essere calabrese.
E’ vero, mi avevate dimenticato, la mia terra mi ha ignorato, e questa è stata tra le sofferenze una delle peggiori. Le circostanze mi hanno portato a dover abbandonare la mia terra, quasi in una forma vile, fuggire … ma io non volevo fuggire, io con voi volevo trovare la forza di andare avanti, insieme! Non mi è stato concesso! E anche se la mia storia rappresenta un aspetto triste della Calabria, vi assicuro che non ho mai smesso di confidare e di sperare che i miei conterranei un giorno avrebbero risvegliato i sentimenti migliori, o meglio “l’impegno e l’entusiasmo di chi, stanco di subire ed arrendersi allo status quo, inizia a reagire“.
Io so che la Calabria è fatta di tanta gente onesta che spera in un immediato futuro di libertà, di riscatto dall’oppressione mafiosa. Dico questo perché vi conosco, le mie origini sono le vostre origini, fate parte di me, come io di voi, nel modo di pensare, di esprimersi, di agire.
Mi scrivete che “la tua Catanzaro sta rispondendo con entusiasmo al tuo messaggio, che finalmente qualcosa si muove”. La gioia di cui ho scritto prima è scaturita proprio da queste parole, vale a dire che il mio sacrificio almeno è valso a qualcosa, perché se le cose devono cambiare è necessario che lo spirito di azione e d’impegno nasca proprio dalla nostra terra, non delegando ad altri ciò che ognuno di noi deve fare. Se si prende coscienza che stando così le cose non ci potrà essere sviluppo e opportunità per il futuro, con questo spirito di convinzione l’impegno trova concretezza e trova il supporto di gruppi e associazioni che vogliono fare rete per lavorare insieme.
Vi dico questo perché io ho ricevuto in questi anni il supporto prezioso e gratuito di Associazioni, Gruppi che hanno già individuato le modalità per contrastare le numerose forme di illegalità e inciviltà diffuse nel nostro paese.
Sono felice di comunicare con voi, di condividere percorsi e individuare iniziative, di camminare insieme , augurandomi che un giorno possa raggiungervi ed incontrarvi nella nostra Calabria.

Un grazie di cuore e un abbraccio a tutti voi da Pino Masciari

Lettera dagli Amici di Beppe Grillo di Catanzaro Comments

Lettera dagli Amici di Beppe Grillo di Catanzaro

Carissimo Pino,

ti scriviamo a distanza di un mese dalla bella serata del 5 giugno scorso, una delle rare occasioni in cui hai potuto parlare da cittadino libero, quale sei, della tua assurda vicenda.
Quella sera, nel corso dello spettacolo di Grillo, la tua telefonata ci ha messo di fronte alla tua triste realtà (una delle tante tristi realtà che circondano il vissuto quotidiano di ciascuno di noi) che avevamo dimenticato.
Insieme con esse avevamo dimenticato te, il tuo coraggio, il tuo esempio.
Quella telefonata, che ciascun calabrese onesto avrebbe dovuto fare a te, per esprimerti la propria solidarietà ed il proprio incoraggiamento, l’hai fatta tu a noi, per dirci che nonostante tutto non ci hai dimenticato, che nonostante tutto continui ad amare la tua terra ed i tuoi concittadini. Una grande lezione di umiltà, di sapienza, di umanità, di maturità.
Con quella telefonata hai richiamato ciascuno di noi alle proprie responsabilità.
Ti scriviamo a distanza di un mese perchè non volevamo farlo sull’onda dell’emozione e della spettacolarizzazione, strumentalizzando la tua vicenda, ma con la giusta serenità e pacatezza che la situazione richiede.
Ti scriviamo a distanza di un mese perchè non volevamo scrivere frasi banali, di circostanza, non volevamo sommergerti di belle e vuote parole (come ne avrai sentite tante fino ad oggi) ma abbiamo preferito lasciare maturare in noi i sentimenti migliori, quelli veri, che provengono dal cuore.
Ti scriviamo a distanza di un mese perchè volevamo attendere le reazioni dei giovani presenti allo spettacolo ma soprattutto, invece delle belle parole, preferivamo riportarti l’impegno e l’entusiasmo di chi, stanco di subire ed arrendersi allo status quo, inizia a reagire.
Dal 5 giugno ad oggi circa 40 ragazzi e ragazze si sono iscritti al nostro sito, abbiamo raggiunto quota 187 iscritti, siamo il primo Meetup in Calabria ed anche quello più attivo e “tosto”.
Volevamo comunicarti che la tua Catanzaro sta rispondendo con entusiasmo al tuo messaggio, che finalmente qualcosa si muove.
E’ una bella gioventù quella che guardiamo negli occhi durante i nostri incontri che fa ben sperare per il futuro prossimo.
Ci stiamo opponendo all’attivazione di una centrale turbogas a Simeri Crichi che rischia di danneggiare seriamente quel territorio che tanto ami e la salute dei suoi cittadini; stiamo lavorando alla realizzazione di un sito che promuova i comuni più virtuosi nella nostra provincia in termini di ambiente, energia, nuove tecnologie, risorse idriche e assitenza sociale. Stiamo svolgendo un ruolo di sentinelle sul territorio per salvaguardarlo dai disastri ambientali.
Infine, stiamo valutando l’opportunità di organizzare un grande raduno, nella nostra bellissima Sila, con i giovani universitari e delle scuole medie superiori per comunicare loro che insieme possiamo fare molto per cambiare questo territorio.
Tutto ciò può sembrare, e forse lo è, una goccia nel mare ma prima questa goccia non c’era, adesso c’è e noi la reputiamo un grosso passo avanti.
I giovani stanno prendendo coscienza della necessità di fare rete, di unirsi, perchè solo così è possibile resistere agli attacchi di chi vuole impedire la crescita sociale e civile dei calabresi. Oggi abbiamo una grande tecnologia, Internet, che ci permette (a noi ed a te) di farlo. Abbiamo strumenti fino a pochi anni fa impensabili e potenzialità enormi, si tratta solo di crederci. I giovani, inoltre, stanno prendendo coscienza di ciò che il loro territorio rappresenta: l’unica e principale risorsa che ci rimane e che va difesa strenuamente.
Ci piace l’idea di ospitare le tue riflessioni sul nostro sito, quando riterrai opportuno farlo. E’ un modo per comunicare con la tua Catanzaro e per uscire dall’isolamento in cui qualcuno vorrebbe tenerti.
Ci piace l’idea di poterti inviare periodicamente un resoconto delle nostre battaglie, dei nostri successi, dei nostri passi avanti. Ci piace pensare che il Meetup possa assumere come impegno morale quello di non deludere le tue aspettative, le tue speranze che poi sono quelle di ciascuno di noi.
Ci piace pensare di poterti telefonare un giorno per dirti che ti stiamo aspettando.

Massimiliano Capalbo
Organizer Meetup
“Amici di Beppe Grillo” di Catanzaro

Settimana di Calabria intervista Pino Masciari – Seconda parte Comments

Settimana di Calabria intervista Pino Masciari – Seconda parte

La settimana scorsa abbiamo pubblicato la prima parte dello sfogo di Pino Masciari, un nostro concittadino che sostiene di essere costretto da 10 anni alla fuga per aver denunciato la ‘ndrangheta ed i poteri forti calabresi. Ricordiamo che finché ha vissuto in Calabria, Masciari aveva 5-6 imprese di costruzione che fatturavano miliardi, centinaia di dipendenti, la moglie dentista con uno studio ben avviato di odontotecnico, e due bambini piccolissimi. Adesso Pino Masciari, ha sempre una moglie, ma non esercita più e i suoi due bimbi stanno crescendo lontano dalla terra dove sono nati. Tutto il resto lo ha perso. Vive insieme alla sua famiglia in un luogo definito “protetto” perché, un giorno, stanco di subire le pressioni della ‘ndrangheta – ma non solo della ‘ndrangheta- che continuava a chiedergli la tangente, ha deciso di porre fine a quelle che eufemisticamente chiameremo “angherie”.
Ha denunciato tutti Pino Masciari: la ‘ndrangheta vera e propria, ma anche lo Stato – ‘ndrangheta, quelle che portano addosso le toghe di magistrati e giudici. Da oltre 10 anni, e solo per aver fatto quello che dovrebbe fare un qualunque cittadino onesto di un paese civile, Masciari vive da esiliato.
Sono passati 10 anni da allora e la gente ha cominciato a non ricordarsi più della sua vicenda.
Anche lo Stato si è spesso dimenticato di lui. Gli unici ad essergli rimasti accanto, a fargli un po’ di protezione, sono ragazzi poco più che ventenni: ‘Io sono molto seguito da diverse associazioni, da Libera , – dice Masciari – dai ragazzi di Locri Ammazzateci tutti, ai ragazzi di Beppe Grillo che hanno fatto anche le magliette e vanno in giro con la scritta Io sono amico di Pino Masciari‘. Negli ultimi tempi, forse proprio grazie ai tanti comitati che nascono a protezione della gente onesta come lui, ha notato un’attenzione maggiore verso la situazione dei testimoni di giustizia, e ha deciso che è arrivato il momento di uscire allo scoperto:
‘Non sono io che devo nascondermi’ continua a dire, quasi nella speranza che basti proferirlo
ad alta voce perché la situazione cambi. Però ha ragione Pino Masciari: in un Paese che voglia definirsi civile, le persone che denunciano gli atti mafiosi a cui sono sottoposti, non devono più essere costrette alla fuga. Perché non sono loro ad aver sbagliato.
Pino Masciari è stanco ma è anche consapevole che la sua storia può servire ad aiutare altri che oggi si trovano nella sua stessa condizione a non sottostare agli abusi.
Masciari spera che la sua storia possa contribuire a far cambiare le leggi. È stanco ma ha speranza che prima o poi sarà il bene a trionfare.
Il suo unico desiderio è poter far ritorno a casa, lui che una casa non ce l’ha più da oltre 10 anni. Lui che è ancora costretto a vedere i suoi appartamenti ‘occupati dai mafiosi’. Adesso chiede di poter riprendere in mano la sua vita e la sua attività. Chiede di poter godere della sua famiglia d’origine che è stato costretto a lasciare. Rivuole solo la sua normalità.
E lo Stato per cui ha lavorato tanto dovrebbe potergli garantire questi elementari diritti. Ripercorre ancora una volta quello che è stato il suo dramma, il punto di partenza della sua attuale condizione: ‘Rifiutandomi di pagare non mi mettevano gli stati di avanzamento sui cantieri, non mi facevano le contabilità e non mi pagavano. Mi hanno bloccato le banche fino a farmi esaurire la mia liquidità. Puntavano a piegarmi con l’obiettivo di riuscire a gestire –loro!- la mia azienda e a farmi diventare un loro dipendente e fossi costretto rivolgermi all’usura. Io non l’ho accettato e ho tenuto duro. L’unica cosa era quella di farmi fallire, e mi hanno dichiarato fallito per 184 milioni malgrado le mie società, ancora oggi, in beni immobili valgano miliardi’.

Signor Masciari, quanto tempo ha avuto per prepararsi a lasciare tutto?

‘Quando mi hanno raggiunto due persone del servizio centrale di protezione per dirmi che dovevo partire ero a Lamezia Terme. A me, lì per lì, è sembrato uno scherzo.
Certo, non immaginavo che dopo la mia denuncia sarei stato inserito in un programma di protezione. Non pensavo neanche esistesse un programma del genere’.

É cambiato qualcosa da quando lei ha deciso di uscire allo scoperto attraverso la rete internet?

‘Posso solo dire che da quando sono uscito allo scoperto ho ricevuto molti attestati di stima e adesso, anche chi vagamente sospettava che io potessi vivere una situazione particolare, conosce la mia situazione, e sono guardato con ammirazione’.

Concretamente siete stati aiutati, sorretti dalle istituzioni?

‘In realtà no. C’è stato l’abbandono più totale. Lo Stato non ha visto le nostre problematiche, ci ha dimenticato e ci ha ricattati sulla sicurezza. Io sono stato lasciato solo anche alla vigilia dei processi, per diversi giorni senza scorta e senza tutele, a Isola Capo Rizzuto, a Lamezia Terme, proprio dopo essere stato escusso per aver confermato le mie dichiarazioni presso la Dda di Catanzaro’.

Le modifiche apportate alla legge ‘45 del 2001 sono state di qualche utilità ai testimoni di giustizia?

‘La legge ‘45 del 2001 è nata con uno spirito di migliorare la vita dell’imprenditore o della persona che denuncia il reato dell’estorsione o altri illeciti, e bisognava avere il tenore di vita che faceva prima dell’entrata in vigore del programma di protezione, cosa che in realtà non è avvenuto. Il sottosegretario Massimo Brutti ha cercato di anticipare lo spirito della legge 45 del 2001, però nell’Aprile del 2003 il sottosegretario Alfredo Mantovano ha ucciso quello che era lo spirito iniziale voluto sia da destra che da sinistra e i miglioramenti non ci sono stati. Anzi: è stato il fallimento totale della L.45 del 2001 tanto voluta da entrambi gli schieramenti’.

Nella località protetta vi è riservata una copertura assoluta?

‘Anche nella località protetta c’è l’abbandono più assoluto da parte delle persone che hanno il compito di tutelarci. Noi, per loro, siamo un problema per tutto. Tanto per dirne una: nella “località protetta” i miei figli vanno a scuola con il loro nome e il cognome’

Ci sta dicendo che non vi hanno dotato di una nuova identità?

‘No, non abbiamo niente. Quello che si dice su questo tipo di programma sono storie romanzate: la realtà è ben diversa. Forse è perché quando siamo stati inseriti in questo programma di protezione, 10 anni fa, ancora non vi erano leggi, che ci siamo trovati spiazzati’.

Anche lei ha mantenuto il suo nome?

‘Quando viaggio con la scorta e devo pernottare in qualche albergo io continuo a registrarmi col mio nome e cognome. Dai documenti in mio possesso risulta addirittura la località da dove provengo: non è difficile rintracciarmi’.
Questa rivelazione ci lascia perplessi, ma non ci sconvolge più di tanto dal momento che neanche noi abbiamo faticato tantissimo per trovarlo. La domanda che segue è la sola che ci è venuta alla mente: E allora che razza di protezione è?
Lui si avvede del nostro sconcerto e ribatte serenamente che dal momento che ha accettato di fare una chiacchierata con noi, qualunque parola uscirà dalla sua bocca è pronto a r i c o n f e r m a r l a a l l ’ i s t a n t e .
Quindi, riprende a parlarci della località in cui è stato confinato insieme alla sua famiglia: ‘La chiamano località protetta, ma io la definisco Auswisch , perché per me è stata come una deportazione. Io mi sento deportato e segnato solo perché ho denunciato persone malavitose. Mi sono visto dalla sera alla mattina catapultato in un spazio che non mi apparteneva né allora, ne oggi. In questi ultimi 10 anni ho vissuto segregato 23 ore al giorno, tutti i giorni: non conosco pizzerie, non conosco pub, non conosco niente. La mattina esco da solo perché se qualcuno ha deciso di farmi fuori, è solo a me che devono sparare’.
Malgrado si senta l’emblema del malfunzionamento di questo Stato, Masciari si dice sicuro che la situazione possa migliorare:
‘Ultimamente noto una sensibilità maggiore nei confronti della problematica e per questo ringrazio il comandante provinciale di Vibo Valentia per l’efficienza dei suoi uomini e per il servizio eccellente che mi è stato predisposto in occasione del mio ultimo soggiorno calabrese’.
Masciari ci ricorda che, in seguito alle sue denunce, il 23 maggio scorso in Cassazione è stato condannato a due anni di reclusione in maniera definitiva, e interdetto in maniera perpetua ai pubblici uffici, un nostro magistrato, un consigliere di Stato nominato dal precedente Governo
Berlusconi; e ci ricorda anche la richiesta di condanna contro altri 15 componenti mafiosi della richiesta dalla dda di Catanzaro contro esponenti della criminalità organizzata del crotonese, Isola Capo Rizzuto.
Nel numero scorso abbiamo iniziato l’intervista chiedendole di raccontarci chi era Pino Masciari 10
anni fa. La concludiamo chiedendole: chi è Pino Masciari, oggi?
‘Io non voglio essere presuntuoso, ma sono stato giudicato attendibile da diversi tribunali. E in
tutte le varie fasi viene sottolineata la mia elevata attendibilità. Ho messo on line la mia storia perché vorrei che la gente leggesse quello che gli atti dicono di me. E quello che dicono è che Pino Masciari è una persona che non aveva niente a che fare con questi ambienti.
L’unico suo torto era quello di fare l’imprenditore in una terra difficile. Di essere stato un cocciuto ossequioso delle leggi della nostra costituzione e aver denunciato e fatto quello che dovrebbero fare tutti i cittadini onesti’.
Noi pensiamo che contrastare la mafia sia possibile, ma è necessario che lo Stato tuteli realmente chi decide di sporgere denuncia. Ma tutelare non dovrà più significare “sequestrare” chi fa il proprio dovere. Tutelare non dovrà più significare privare un onesto cittadino di ogni diritto perfino il più elementare. Chi denuncia non dovrà più essere equiparato ad un criminale: perché un testimone di giustizia non è un pentito di mafia.
Un testimone di giustizia la mafia la combatte.
Queste persone rischiano quando vengono dimenticate. Forse anche noi, mantenendo desto il ricordo delle loro vicende, possiamo contribuire a salvarle.
mls

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Settimana di Calabria intervista Pino Masciari – Prima parte Comments

Settimana di Calabria intervista Pino Masciari – Prima parte

“Ho detto no anche alla politica corrotta e oggi la mia è una vita di sofferenze”

Prima parte

Un appello fiero e coraggioso. Quello di Pino Masciari. Un calabrese che ha fatto una scelta e al quale noi della redazione di “Settimana di Calabria” vogliamo dare un contributo, per la sua vicenda così toccante affinché, le parole di quella voce possano diventare una volta di più voce scritta.

Chi è Pino Masciari?

«Io ero un imprenditore edile che lavorava e aveva la responsabilità della propria famiglia e quella di molti altri. Un giorno ho deciso di non pagare più il 3% ai mafiosi, il 6% tra politici ed istituzioni locali. Mi davano anche delle imposizioni: mi dicevano chi era il personale che dovevo assumere, le ditte a cui dovevo rivolgermi, quali lavori dovevo fare a titolo completamente gratuito. Ho dovuto costruire case e fare ristrutturazioni per centinaia e centinaia di milioni. Mi hanno costretto a comprare macchine nuove. Io ero una persona tecnicamente preparata. Mi sono trovato con questi avvoltoi che congli strumenti che da sempre utilizzano, minacce ed intimidazioni, distruggono psicologicamente le persone e hanno saputo annientare me e la mia famiglia»

Che vita è oggi la sua?

«Una vita di sofferenza, di amarezze, di soprusi, di abusi. Vieni trattato come immondizia. Anzi no, neanche quello. L’immondizia ha il pregio di poter essere riciclata, noi neanche quello. Ma viviamo confidando nella tanta gente onesta che c’è, viviamo pensando a chi ha dato la propria vita per gli stessi valori in cui io ho sempre ciecamente creduto. E vivo con quel senso che la giustizia prima o poi trionferà sempre. La giustizia deve esserci per forza, ci credo perché altrimenti non avrebbe neanche senso vivere».

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Chi sono Comments

Chi sono

Sono un imprenditore edile calabrese, nato a Catanzaro nel 1959, sottoposto a programma speciale di protezione dal 18 ottobre 1997, unitamente a mia moglie Salerno Marisa(medico odontoiatra) e due bambini, perché ho denunciato la criminalità organizzata “ ’ndrangheta ” e le sue collusioni .

La criminalità organizzata, insieme a personaggi di spicco del mondo politico ed istituzionale, ha distrutto le mie floride imprese di costruzioni edili. Come? Bloccandone le attività, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione dove essa è infiltrata, intralciando i rapporti con le banche con cui operavo. Tutto ciò dal giorno in cui ho detto basta alle pressioni mafiose dei politici ed al racket della ‘ndrangheta.

Le mie imprese occupavano mediamente qualche centinaio di persone, cui va aggiunta l’occupazione di ditte specializzate in vari settori (idraulico, impiantistico,di pavimentazione, lavorazione intonaci, ecc.) e svolgevano attività sia nelle opere pubbliche che nel settore privato.

Una delle due, nello specifico la “ Masciari Costruzioni ” operava con gli appalti pubblici: dunque era orientata alla costruzione di: Case Popolari, Impianti Sportivi, Scuole, Strade, Restauri di Centri Storici, ecc. Lavoravo bene, avevo anche dieci cantieri aperti contemporaneamente . Nel contempo, l’altra impresa societaria lasciatami da mio padre, in cui avevo l’incarico di amministratore, costruiva Abitazioni Civili destinati alla vendita e realizzava lavori privati per conto terzi.

Inizialmente mio padre e poi successivamente io, riferivamo alle Forze dell’Ordine le pressioni di natura estorsiva che la ‘ndrangheta esercitava sulle nostre imprese e del pericolo cui eravamo esposti.

Le risposte erano sempre le stesse: “ stia attento prima di denunciare, si rischia la vita, non si esponga troppo”.

Nel 1988, il mese di febbraio, venne a mancare mio padre. Mi trovai completamente solo, con una famiglia numerosissima di nove fratelli e per poter continuare a lavorare dovetti cedere alle richieste estorsive: il SEI per cento ai politici, il TRE per cento ai mafiosi. Ed i soprusi che dovetti sopportare, le angherie, le assunzioni pilotate, le forniture di materiali e di manodopera imposta da qualche capo-cosca o da qualche amministratore, nonché costruzioni di fabbricati e di uffici senza percepire alcun compenso, regali di appartamenti, l’acquisto di autovetture, e persino la costruzione di cappelle cimiteriali ecc….

A questo si aggiunge che la soggezione al potere mafioso era imposto soprattutto dall’atmosfera di invivibilità che si era creata in quegli anni su tutta la Calabria ed in particolare nel mio territorio, dove, per supremazia di interesse da parte delle famiglie malavitose, scoppiò la cosiddetta “ FAIDA DEI BOSCHI “, che apportò decine di morti e diffuse il terrore nei cittadini onesti ed in particolar modo in chi esercitava un’attività imprenditoriale, vittime di atti intimidatori e di taglieggiamenti.

Ma il senso di ribellione alla prepotenza e all’ arroganza che subivo era presente in me, solo che non avevo alternative e la responsabilità che sentivo verso la mia famiglia, verso i miei dipendenti, verso me stesso, era enorme.

Dal 1990, decisi di non sottostare alle pretese estorsive dei politici che consisteva nell’elargizione di denaro e di lavori gratuiti, di conseguenza non si fecero attendere le prime ripercussioni sulla mia azienda. Gli stati d’avanzamento lavori mi venivano pagati con notevole ritardo che arrivava a superare anche l’anno e addirittura non mi venivano considerati i lavori eseguiti che dunque non erano nè contabilizzati nè pagati. Cercavo di resistere a queste forme di ostruzionismo con molta difficoltà e le banche, dal loro canto, facevano la loro parte aggravando l’azione d’intralcio.

Dal 1992 con durezza e determinazione decido di non elargire più somme di denaro alla ‘ndrangheta.

Incominciava così la disfatta totale delle mie imprese: fioccarono i danni dolosi come furti, incendi, danneggiamenti dei mezzi di lavoro e di attrezzatura sui cantieri, per passare poi alle esplosioni d’arma da fuoco ( LUPARA ), alle minacce personali, alle telefonate minatorie che mettevano in subbuglio la vita quotidiana di una intera famiglia.

Nel 1993, mese di Aprile, giorno di pasquetta uno dei miei fratelli fu avvicinato da sconosciuti e sparato alle gambe . Se la cavò. Fui fermato da malavitosi che mi costrinsero a non costituirmi parte civile. E così dovetti fare.

Le banche subdolamente mi consigliavano di rivolgermi agli usurai per ottenere quella liquidità che mi era venuta meno dai mancati pagamenti dei lavori già realizzati e per i quali io avevo investito le mie risorse.

Un circolo vizioso dunque!

Nel settembre 1994, con grande amarezza, decisi di licenziare tutti gli operai della mia impresa pur avendo diversi cantieri in opera, lavori in fase di ultimazione, nuovi appalti aggiudicati e altri di cui stavo per stipulare i contratti, appalti che comprendevano lavori anche in Germania a cui dovetti rinunciare, il tutto per un importo di circa 25 miliardi di lire .

Fu nel mese di novembre dello stesso anno e precisamente giorno 22 (compleanno di mia moglie) che incontrai il maresciallo LO PREIATO NAZARENO, comandante allora della stazione dei Carabinieri di Serra San Bruno, mia località di residenza e, sapendo del suo sentito impegno, incominciai ad avere fiducia, raccontando in linee generali le mie vicende e quanto mi stava succedendo; fiducia che mi era venuta meno dal comportamento che dopotutto si preoccupavano per me ma nello stesso tempo esprimevanoanimo di rassegnazione non confacente al ruolo che rivestivanodelle persone che lo avevano preceduto, i quali erano da me informati circa le mie vicissitudini.

Ma le ripercussioni non furono limitati ai fatti sopra descritti. Nell’ ottobre del 1996 mi fu notificata la sentenza di fallimento di una delle mie imprese della quale ero titolare, la “MASCIARI COSTRUZIONI di Masciari Giuseppe “ ditta individuale. Dunque la mia ribellione era ulteriormente punita: inverosimilmente il fallimento era decretato per un importo di lire 134.000.000, avverso l’azienda che vantava crediti, possedeva immobili e numerose attrezzature edili.

Ma non è tutto.

Il fallimento è stato dichiarato dal giudice Patrizia Pasquin, giudice presidente della sezione fallimentare di Tribunale di Vibo Valentia.

A distanza di anni, l’ 11 novembre 2006 veniva data notizia in tutte le testate giornalistiche a mezzo stampa eTv la seguente notizia: “arrestato il giudice xxxxxxx” . Si riscontra sul sito internet “ la REPUBBLICA. It – CRONACA : Riceveva dalla mafia una stabile remunerazione”; Vibo, interrogato il giudice Pasquin ; Mastella: “Seguivo il caso da tempo”.

Le mie denuncie sono state consacrate presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

I giudici della Distrettuale Antimafia che accosero le mie denuncie, valutarono la vastità dei miei racconti e dei personaggi accusati, personaggi del mondo politico, amministrativo e mafioso, ma soprattutto, considerato il grave ed imminente pericolo di vita cui ero esposto io e la mia famiglia quale conseguenza delle mie denuncie, mi prospettarono l’assoluta necessità di allontanarmi con la mia famiglia dalla mia Regione e di entrare quindi sotto tutela del Servizio Centrale di Protezione, lasciando così in tronco la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro, il mio ruolo sociale e di riflesso anche mia moglie e i miei due bambini hanno subito con me l’ esilio.

Lì 6 giugno 2007